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6 Maggio 2024

Comunicazione avvio procedimento: obbligatoria in caso di ritiro in autotutela di titolo edilizio

Come ricordato recentemente dal TAR Campania, Napoli, sez. IV, nella sent. 2 aprile 2024, n. 2152, la giurisprudenza ha da tempo attinto l’avviso secondo cui i procedimenti di esercizio del potere di autotutela decisoria mediante provvedimenti di secondo grado, aventi ad oggetto precedenti provvedimenti ampliativi rilasciati al privato (si pensi, ad esempio, al permesso di costruire), impongono l’assolvimento dell’onere della previa comunicazione di avvio del procedimento prescritta dall’art. 7 della Legge 7 agosto 1990, n. 241; e ciò in considerazione dell’evidente consolidamento della posizione soggettiva del destinatario del provvedimento ampliativo, determinato dal rilascio dello stesso, che ha prodotto nel medesimo un affidamento, meritevole di tutela, nella legittimità del provvedimento favorevole ottenuto e nella conseguente liceità dell’esercizio delle attività ovvero delle facoltà e dei diritti che il provvedimento ampliativo di primo grado lo abilita ad esercitare costituendone il portato.

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La regola generale nel caso di ritiro di un provvedimento ampliativo rilasciato al privato

Relativamente ai provvedimenti espressione di autotutela decisoria della Pubblica Amministrazione, è incontrastato l’indirizzo della giurisprudenza, che predica la necessità dell’inoltro al privato da esso inciso, della comunicazione di avvio ex art. 7 della Legge n. 241/1990. È stato affermato che “come è noto, laddove si tratti – come nel caso di specie – di procedimenti volti all’adozione di provvedimenti di secondo grado di ritiro in autotutela (revoca o annullamento) di precedenti atti amministrativi favorevoli, la giurisprudenza amministrativa è consolidata nel riconoscere alla preventiva comunicazione di cui all’art. 7 della l. n. 241/1990 il valore di principio generale dell’azione amministrativa, fatta salva (soltanto) la sussistenza di particolari ragioni di urgenza adeguatamente esplicitate nella motivazione del provvedimento finale, ragioni di urgenza nella fattispecie in alcun modo evidenziate[1].

Negli stessi sensi si è pronunciato il giudice d’appello affermando, ad ampio raggio, indipendentemente dall’oggetto del provvedimento di autotutela, che “Gli atti di autotutela e di ritiro devono essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7, l. n. 241 del 1990, al fine di consentire, attraverso l’instaurazione del contraddittorio con gli interessati, una loro efficace tutela nell’ambito del procedimento amministrativo ed, al contempo, di fornire all’amministrazione, con la rappresentazione di fatti e la proposizione di osservazioni da parte del privato, elementi di conoscenza utili o indispensabili all’esercizio del potere discrezionale, in funzione di una ponderata valutazione dell’interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione dell’atto; tale principio incontra una deroga nel caso in cui l’interessato sia venuto comunque a conoscenza di vicende connotanti l’apertura di un procedimento nei suoi confronti, sì da consentire di ritenere raggiunto in concreto lo scopo cui tende la comunicazione[2].

Più di recente è stato affermato che “La previa comunicazione di avvio del procedimento imposta dall’art. 7, l. n. 241/1990 rappresenta un principio di carattere generale dell’azione amministrativa, diretto a garantire l’instaurazione di un contraddittorio procedimentale tra le parti interessate in relazione a tutti gli aspetti che assumeranno rilievo ai fini della decisione finale. Tale preavviso assume un sicuro maggiore spessore proprio nei casi in cui è riscontrabile l’esercizio del potere di autotutela tramite l’adozione di un provvedimento di annullamento di un atto amministrativo favorevole in precedenza rilasciato[3].

Il principio applicato al ritiro in autotutela di titoli edilizi

Tale esegesi è stata enunciata anche con relativamente all’annullamento in autotutela di titoli edilizi, precisandosi che:

  • È illegittimo il provvedimento di annullamento in autotutela di un permesso di costruire, qualora non sia stato comunicato l’avvio del relativo procedimento, dal momento che l’annullamento reca un pregiudizio al proprietario dell’immobile e, pertanto, quest’ultimo deve essere posto nella condizione di potervi partecipare[4];
  • con specifico riferimento all’annullamento della S.C.I.A., “È illegittimo l’annullamento in autotutela della s.c.i.a. adottato senza la previa comunicazione di avvio del procedimento, imposta dall’art. 7, l. n. 241 del 1990, che rappresenta un principio di carattere generale dell’azione amministrativa, diretto a garantire l’instaurazione di un contraddittorio procedimentale tra le parti interessate in relazione a tutti gli aspetti che assumeranno rilievo ai fini della decisione finale. Tale preavviso assume un sicuro maggiore spessore proprio nei casi in cui è riscontrabile l’esercizio del potere di autotutela tramite l’adozione di un provvedimento di annullamento di un atto amministrativo favorevole in precedenza rilasciato[5].

Orbene, sulla scia del rassegnato orientamento, i giudici napoletani hanno ribadito che nel caso di procedimenti volti all’adozione di provvedimenti di secondo grado di ritiro in via di autotutela decisoria (assumano essi la forma e la sostanza della revoca o dell’annullamento) di precedenti provvedimenti accrescitivi, compresi i titoli edilizi, va annesso alla preventiva comunicazione di avvio del procedimento prescritta dall’art. 7 della Legge n. 241/1990 il carattere di principio generale dell’azione amministrativa, incombente obliterabile soltanto nella sussistenza di particolari ragioni di urgenza adeguatamente esternate nella motivazione del provvedimento finale. Non può, infatti, disconoscersi in capo al proprietario del bene oggetto del provvedimento di secondo grado, un interesse qualificato a partecipare al relativo procedimento già nella in fase iniziale, previo avviso di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7, nonché in fase istruttoria e decisionale in ossequio al disposto dell’art. 10 della Legge n. 241/1990 che consente al privato destinatario della comunicazione – o venuto comunque aliunde a conoscenza del procedimento – di presentare osservazioni e memorie che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare, ove siano pertinenti.

Il secondo step: la valutazione delle osservazioni dell’interessato

Invero, la garanzia partecipativa, innescata dall’invio della comunicazione di avvio ex art. 7 della Legge n. 241/1990, deve poi essere concretizzata per via del conseguenziale obbligo dell’amministrazione di esaminare e valutare le osservazioni che il privato produca in seno al procedimento di secondo grado in fieri avvalendosi della facoltà a tal fine prevista dall’art. 10, stessa legge che costituisce la propaggine e o sviluppo della garanzia procedimentale allestita dall’art. 7 mediante la sanzione dell’obbligo di inoltro della comunicazione di avvio.

Sul punto la giurisprudenza è pacifica, avendo statuito che “L’obbligo dell’Amministrazione Pubblica di esaminare le memorie e i documenti difensivi presentati dagli interessati nel corso dell’ iter procedimentale, ex artt. 10 e 10 bis della l. n. 241/1990, presuppone la necessaria esternazione motivazionale che renda nella sostanza percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione amministrativa alle deduzioni partecipative dei privati, sebbene a fronte di controdeduzioni procedimentali dell’interessato, il provvedimento a questo sfavorevole possa legittimamente fondarsi su di una motivazione sintetica, non essendo invece richiesta un’analitica confutazione delle osservazioni. Anche la presentazione delle memorie oltre il termine assegnato non esime la P.A. dalla valutazione degli apporti, anche tardivi, purché intervenuti anteriormente all’adozione del provvedimento[6].

In termini ancor più efficaci, si è sancito che “L’omessa attenta valutazione da parte della Pubblica amministrazione in sede procedimentale e provvedimentale delle osservazioni del privato è omissione che determina la violazione dell’obbligo sancito dall’art. 10, l. 7 agosto 1990, n. 241, che è appunto quello di valutare adeguatamente le memorie prodotte dall’interessato in seno al procedimento, ove esse siano pertinenti[7].

Anche il giudice d’appello predica un obbligo di puntuale valutazione delle memorie ed osservazioni procedimentali veicolate dal privato in seno al procedimento amministrativo – sia esso di primo ovvero di secondo grado – avendo statuito che “Dalla lettura combinata dell’art. 10 lett. b) della legge 7 agosto 1990, n. 241 e dell’art. 3 della medesima legge, emerge che, se il privato presenta osservazioni nel corso del procedimento, l’Amministrazione ha l’obbligo, specie laddove tali osservazioni siano dettagliate e documentate, di prendere specificamente posizione sui rilievi formulati dal destinatario del provvedimento[8].

Nel caso esaminato dai giudici napoletani, avente ad oggetto l’annullamento in autotutela di una SCIA, è stata dichiarata l’illegittimità del provvedimento adottato senza la previa doverosa valutazione delle osservazioni fatte pervenire dall’interessato via PEC al Dirigente e al R.U.P. dello Sportello unico edilizia del Comune.

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Note

[1] TAR Sicilia, Catania, sez. I, sent. 4 aprile 2022, n. 959; Consiglio di Stato, sez. II, sent. 7 settembre 2020, n. 5392; TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 2 agosto 2019, n. 4246.
[2] Consiglio di Stato, sez. V, sent. 22 luglio 2019, n. 5168.
[3] TAR Campania, Napoli, sez. VII, sent. 4 aprile 2022, n. 2293.
[4] TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 24 ottobre 2022, n. 2789.
[5] TAR Campania, Salerno, sez. I, sent. 13 aprile 2021, n. 877.
[6] TAR Campania, Napoli, sez. V, sent. 3 febbraio 2020, n. 494.
[7] TAR Marche, sez. I, sent. 3 giugno 2017, n. 418.
[8] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 10 dicembre 2012, n. 6299.

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

Fonte: EdilTecnico

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